Domenica 31 luglio 2011
XVIII Tempo ordinario (A) – II |
S. Ignazio di Loyola |
Letture: |
Is 55,1-3 |
Salmo 144: «Apri la tua mano, Signore, e sazaia ogni vivente.» |
Rm 8,35.37-39 |
Mt 14,13-21 |
Chiesa di Mandriolo. Messa parrocchiale, ore 10.30.
Predica del parroco don Wojciech
« Ogni volta, quando leggo, quando medito su questo brano del Vangelo, in modo immediato mi vengono in mente tanti racconti. I racconti della gente che tornò dai lager in Russia, oppure di quelli che sono sopravvissuti nei campi di concentramento. Una signora descrive il suo ritorno dalla Siberia. Diceva che arrivare a Mosca da lì (aveva fatto più di seimila chilometri)... ce n'è voluto! Aveva usato tanti mezzi di comunicazione, dalle barche, canoe, macchine, il treno, ma - dice - ho camminato tanto per arrivarci; e quando si trovò a Mosca, alla stazione si sentì dire: ci sarà il treno che parte per la tua patria, ma non sappiamo né ora, né giorno, né settimana. Aspetta.
Questa povera donna che visse nei lager sedici anni aveva un piccolo fagottino con sé: era tutto il bene che aveva accumulato in quegli anni di lavoro pesantissimo. Stando alla stazione - dice - ho sperimentato questo: il primo giorno passò di fianco a me una donna, non so se era di passaggio o del posto, anche lei a prima vista molto povera; aveva il suo fagottino, ma lo aprì e tirò fuori una fetta di pane e me lo offrì, e io le feci questa domanda:
- Ma che cos'é? Mi sono sentita la risposta: - E' il pane bianco.
Ma - dice - io il pane bianco non l'ho mai mangiato. In Siberia noi mangiavano e conosco il pane nero, il pane di un lavoro insopportabile, che per la fetta di pane bisogna lavorare una giornata intera. Ma - dice - quel pane era nero anche per un altro motivo: perché era fatto di farina non di grande qualità, ma - dice - di farina scarsissima mescolata con segatura, perché così il volume cresceva. Noi quel pane lo guardavamo, lo meditavamo; e quando cominciavamo a mangiarlo, ce ne voleva di tempo... perché mangiarlo velocemente voleva dire indigestione; bisognava masticarlo a lungo. Questo è il pane che conosco.
Il pane bianco è un altro, perché - dice - quegli anni sono sopravvissuta perché ho provato il "pane bianco", che non è di farina ma fatto dei gesti di bontà della gente che ho incontrato, che è vissuta al mio fianco; quella gente che era capace, con quel poco che possedeva, di offrire tanto calore, tanto amore e tanta bontà. Dice, è quel pane che ci ha permesso di tornare a casa.
Nel campo di concentramento di Dachau viveva, era imprigionato, tra tanti sacerdoti e seminaristi, Taddeo, un seminarista, un ragazzo bellissimo, di una statura... forte, alto; e lui diceva: siccome io sono forte non posso mangiare la mia porzione ma la devo condividere con chi sta peggio di me; e ogni giorno quel poco che aveva lo spezzava, lo spezzava all'infinito per darlo a chi aveva più fame di lui. Tanti giorni aveva dato questo pane ad un professore, una persona anziana; aveva una certa esperienza (studi); diceva: di questo uomo avremo ancora bisogno... Ma il professore morì; morì anche il seminarista, e la gente si faceva una domanda: A cosa è servito condividere il pane e non mangiare? Così sono morti tutti e due.
La risposta a questa domanda credo che noi la possiamo trovare nella parola di Dio che abbiamo ascoltato oggi, il Vangelo in modo particolare. Gesù, abbiamo sentito, ha sfamato cinquemila persone, senza contare donne e bambini; per dire ha sfamato una enormità di persone. Eppure... non è che ha sfamato tutti. Come allora, così anche ai nostri giorni c'è ancora gente che muore di fame. Gesù, da Dio, poteva fare un miracolo più grande: dare da mangiare al mondo intero, e non lo fece. Perché? Perché lui stesso disse queste parole: - Non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che esce dalla sua bocca. E infatti Gesù è venuto sulla terra per quale ragione? Non tanto per fare tante guarigioni, per fare dei miracoli, ma soprattutto per avvicinarci al regno di Dio. E di questo regno ci ha parlato in abbondanza. San Luca, negli Atti degli Apostoli, dirà che Gesù passò benedicendo e facendo del bene. Se Gesù non ha sfamato tutti è perché ha voluto fare vedere che l'uomo non è fatto solo di corpo, ma è fatto anche di tanta altra dimensione.
Come sapete, stanotte sono tornato dal campeggio con i ragazzi. Tutto è andato benissimo, è stata una bella esperienza per me e credo anche per loro. Era impressionante vedere settanta ragazzi - non tutti, perché non sono tutti uguali, ma una bella parte - è una cosa direi strana, chi si vede poco in chiesa..., a vederli come ascoltavano la parola di Dio, e la spiegazione! Una soddisfazione migliore, per un prete, non può capitare: due-tre volte al giorno abbiamo meditato la parola di Dio. E loro, come gli uccelli, con il becco aperto, stavano ad ascoltare. L'uomo non vive solo di cose materiali, ma vive in modo speciale quelle che riguardano il nostro cuore, la nostra anima. Come Dio Padre, per dire questo, ha mandato il suo Figlio, oggi il suo Figlio manda noi, chiede la nostra collaborazione.
Guardate che Gesù non ha sfamato la gente - perché dal nulla ha fatto, poteva farlo, la creazione avvenne così - ma Lui si è servito di quel poco che possedeva quella gente lì: appena cinque pani e due pesci, erano sufficienti. Oggi quei due pesci e cinque pani chiede ad ognuno di noi. Ieri abbiamo fatto già la messa prefestiva con i ragazzi, spiegavo loro questo brano, e allora ho detto: - Ma voi cosa potete dare agli altri? E mi hanno risposto: - Ma don, tu lo sai, noi siamo venuti qui in campeggio senza i soldi, tu solo hai la cassa comune; stamattina quando siamo andati a prendere dei regalini dovevamo chiedere a te due spiccioli. Ed io ho risposto a loro: - Ma guardate che non è questo che chiede il Signore. Il Signore, come ho fatto io in questi giorni di campeggio, guardando la vostra giovinezza, la vostra voglia di vivere, il vostro entusiasmo, la vostra voglia di vivere, chiede proprio questo. E' quello che conta nella vita, le cose più belle: l'amore, la bontà, la condivisione, il perdono. Ciò che abbiamo ora siamo invitati dal Signore a portarlo agli altri, perché è qui che si realizzerà questo grande prodigio: la moltiplicazione non dei pani ma della vita.
A che cosa è servita la morte di Taddeo nel campo di concentramento? Lui poteva fare come hanno fatto tanti altri: poteva rubare, poteva collaborare per una porzione di pane, ma non lo fece; ha seminato il bene. Quella donna che diede il pane bianco alla donna che tornava dalla Siberia, oggi viene ricordata su un libro; gli altri, molto meno.
Allora abbiamo sentito il profeta che diceva: - Allora perché lavorate così tanto, perché spendete così tanto per le cose materiali, quando tutto questo l'abbiamo già ricevuto dal Signore? Basta condividerlo con gli altri: quello che abbiamo, quello che siamo. Non c'è una persona così ricca che non possa accettare qualche cosa; e non c'è una persona così povera che non sia in grado di donare qualche cosa di quello che ha, di quello che possiede: la bontà, l'amore, la fratellanza... si potrebbe continuare questo elenco. Ma chi di noi è privo di questo? Ma senza dire: - Se hai bisogno, chiamami, ci sono. Ma apriamo gli occhi, guardiamo chi ha bisogno e diamo quelle briciole che possediamo. E il Signore continuerà a fare dei miracoli.
Pensate che il Signore si dimenticherà di questo? Per Lui anche le briciole hanno un valore enorme. E allora, se abbiamo delle ricchezze a portata di mano, non stringiamole, non teniamole per noi, non le chiudiamo nelle casseforti, ma condividiamo con gli altri. Allora il miracolo continuerà davanti ai nostri occhi. Chiediamo al Signore che ci dia la forza, ci dia il coraggio, ci dia la volontà di perseguire questa strada, perché anche noi possiamo vedere e operare i miracoli. »
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